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ANOTHER CHANCE

L'antico squero diventa auditorio. Un altro esempio di come sull'isola di San Giorgio, a Venezia, si cura il passato pensando all'oggi

Il complesso monumentale dell’ex monastero benedettino di San Giorgio di fronte al Bacino di S. Marco a Venezia, è un luogo di grande prestigio architettonico che ha ha nella basilica di Andrea Palladio il suo momento più significativo. Ma non solo. È orma’ da una decina d’anni che la Fondazione Cini, creata da Vittorio Cini nel ’51 sull’isola con lo scopo di darle nuova vita, seguendo fedelmente il suo dettato iniziale riapre al pubblico, con regolare cadenza, diverse sue aree, accortamente riqualificate: cosi, dopo il restauro del Teatro Verde, della cinquecentesca nella Nuova Manica Lunga, quest’ultimo curato da curato da Michele De Luca, e la (ri)costruzione del Labirinto Borges (l’originale è a Mendoza, in Argentina), è ora il turno del recupero dello squero, l’antica officina per la riparazione delle imbarcazioni, situato a fianco degli ottocenteschi magazzini del porto franco, successivamente utilizzati come convitto. Lo storico edificio è Stato trasformato in un luogo dedicato alla musica: un auditorimum con duecento posti per spettacoli, concerti e manifestazioni culturali. Curati dagli architetti Cattaruzza e Millosevich, le opere di restauro hanno portato anche alla realizzazione di soppalchi destinati a locali tecnici. La struttura dello squero si ispira alla grande architettura veneziana perché in scala il modello dell’Arsenale, quello Che Dante chiamava “Arzanà” nella “Divina Commedia (Inferno, XXI, 7-15), vale a dire il massimo complesso produttivo conosciuto, l’autentico cuore pulsante della potenza navale veneziana, “la segreta fucina” delle maestranze specializzate nelle costruzioni e riparazioni navali la Repubblica Serenissima. Nel pieno rispetto della struttura, rimasta invariata, il restauro ha riportato gli interni dello storico squero alle originarie volumetrie ottocentesche così come vengono descritte nel catasto austro-italiano del 1879: eliminate le suddivisioni sono stati riaperti gli archi sulle facciate e rifatte le coperture togliendo le cosiddette tegole “marsigliesi” (un particolare tipo di posa sfalsata, brevettata dai fratelli marsigliesi Gilardoni nell’ottocento) a favore dei “coppi” tradizionali d’argilla, innovativi per la messa in opera più rapida e delle migliori caratteristiche tecniche in ogni condizione atmosferica.

Le nuove parti, spiegano gli architetti, «sono progettate per accostarsi allo squero storico nel rispetto dell’esistente». II nuovo volume infatti «è realizzato a secco in legno e acciaio, staccato dal perimetro dello squero e posato su travi reticolari in legno».

Non solo «Rialzato da terra e dalle pareti, è aperto verso la copertura per lasciare a vista le capriate. Alla sommità delle pareti un elemento di raccordo integra una serie di lucernari che indica l’attacco delle capriate anche dall’esterno creando ventilazione all’interno». Insomma, storie e presente coesistono, entrambe affacciati, grazie alle gigantesche arcature vetrate, sullo spettacolare panorama lagunare.

 

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